Con il pallino della musica si nasce, o l’ambiente in cui si vive, lo studio e l’applicazione sono tutto?
Molti genitori probabilmente se lo chiedono di fronte ai primi approcci dei figli con musica e canto, o quando arriva il momento di investire tempo e denaro nelle lezioni di pianoforte.
La risposta è che finora la scienza sa dire poco sulla predisposizione genetica alla musica.
Non si sa se ci siano e quali siano i geni che danno una marcia in più nell’apprendimento della musica, o che rendano più probabile l’emergere di un piccolo Mozart.
Un articolo di revisione di ricercatori australiani e canadesi, appena pubblicato su Frontiers of Psychology, fa però il punto della situazione sulle conoscenze in materia.
GENI MUSICALI. I ricercatori indagano i legami tra musica e geni attraverso varie tecniche, dall’analisi dell’associazione statistica tra una certa abilità musicale e varianti genetiche, agli studi sui gemelli (le caratteristiche condivise dai gemelli identici hanno maggiori probabilità di essere “ereditarie” rispetto a quelle condivise da gemelli non identici).
C’è poi da intendersi su che cosa si intenda per “abilità musicali”. Per la ricerca scientifica, assumono molte sfaccettature che vanno dalle capacità base di percepire l’altezza dei suoni o il ritmo, alla capacità di produrre musica suonando uno strumento, cantando, componendo (quello che probabilmente intendiamo più comunemente), fino alla creatività ed espressività attraverso la musica.
UN AIUTO DAI GENI. Quanto contano i geni in tutto ciò? «Probabilmente non c’è una risposta diretta» dice Yi Ting Tan, principale autrice dello studio. «È probabile che diversi geni o combinazioni di geni abbiano impatto su tipi dfferenti di abilità musicali». Alcuni dati cominciano a emergere. Certe posizioni sul cromosoma 8 sembrano implicate in più di un tratto musicale, per esempio nell’orecchio assoluto, la capacità di identificare l’altezza di un suono senza l’ausilio di un suono di riferimento, e nella percezione della musica. Altri loci sul cromosoma 4 sembrano invece coinvolti nella percezione musicale, in particolare nella capacità di distinguere l’altezza dei suoni e nell’accuratezza della tonalità nel canto.
Due geni in particolare, poi, pare interagiscano tra loro nel produrre una spiccata attitudine alla musica. Uno ha a che fare con una buona capacità di percezione delle melodie, l’altro è stato associato alla memoria musicale e alla partecipazione ai cori. Questo, secondo Tan, solleva l’interessante possibilità di una sovrapposizione tra le basi neurobiologiche delle funzioni musicali e del comportamento sociale: chi ha buon orecchio è anche predisposto alle attività di gruppo? Tutto da verificare.
L’EFFETTO CONTRARIO. Se si può dire ancora poco su quali sono i geni “buoni” per la musica, si sa che alcune mutazioni, come quella del gene FOXP2, noto anche come il gene del linguaggio, sono sicuramente negative. Chi ne è affetto di solito ha seri disturbi nel parlare e in più non è in grado di riconoscere il ritmo della musica. Le persone affette da amusia congenita, invece, sembrano prive della predisposizione innata e normale di apprezzare la musica. Sono incapaci di riconoscere una melodia o canticchiare un motivetto, ma probabilmente non sono i tradizionali “stonati”, che invece semplicemente non hanno avuto un’educazione musicale: gli amusici non sono più del 4 per cento della popolazione.
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